Occuparsi del Festival di Sanremo dà una vaga sensazione di già visto e già fatto numerose volte. In fondo siamo una radio e sotto certi aspetti ci compete. Che il festival non abbia nulla a che vedere con la cultura è ormai cosa ovvia e spesso ripetuta. Che sia una kermesse, vuota e fatua, uno spreco senza molto senso, una esibizione di una realtà patinata che tutto è, salvo che la musica italiana, non è un caso che sia stato scelto dal sistema per veicolare un modello assertivo e totalmente manipolatorio.

Il tutto avviene, come al solito, fra emolumenti faraonici, in uno spreco totale di luci e lustrini, che dovrebbe risuonare leggermente offensivo in una situazione in cui viene chiesto agli italiani di lavare le mutande ogni quattro cinque giorni per non sprecare energia. Oltre, quindi, allo spreco strutturale fra stipendi e rimborsi, ci sovviene quanto costerà illuminare quel palco, quanto consumerà l’indotto fra alberghi a cinque stelle e festini modaioli.

Prendersela con il festival è davvero troppo facile, ma pochissimo utile, L’insulto alle intelligenze continuerà, fa comodo al potere… Gli è da sempre utile. Che quest’anno poi assuma i contorni grotteschi della totale presa per i fondelli, poco interesserà al popolo televisivo che giocondo e felicemente beota, popolerà le serate del Festival.